02.12.2013
		
	
Arriva la Carta dei Diritti dei disabili in ospedale  
	
	VICENZA.  La Carta dei Diritti delle Persone con Disabilità in Ospedale  approda nel Veneto, ed è l´Ulss 4 la prima azienda sanitaria ad  adottarla.  Un atto di notevole sensibilità civile, sociale e umana.   Varata infatti all´inizio dell´anno, adottata dal Policlinico Gemelli di  Roma, sottoscritta da varie organizzazioni come la Fish, è stata  presentata all´ospedale di Santorso nel corso di un convegno moderato da  Franco Bomprezzi, presidente della Ledha, Lega per i Diritti delle  Persone con Disabilità.  "Ispirato alla Carta europea dei diritti del  malato, e pr5eparato da un qualificato comitato scientifico - spiega il  direttore generale Daniela Carraro - é il primo documento del genere ed è  stato realizzato da Spes contra Spem, la Cooperativa Sociale da anni  impegnata sul fronte dell´assistenza a persone con grave disabilità, ed  intende riconoscere alle persone con disabilità il pieno diritto alle  cure ospedaliere, adeguando le strutture sanitarie ai loro bisogni  fisici, psicologici e sensoriali.  Tutto parte dal fatto che le persone  con disabilità si recano in ospedale il doppio delle volte rispetto a  quelle senza disabilità, ma gli ospedali italiani, tranne iniziative  isolate, come l´ospedale San Paolo di Milano, non prevedono percorsi di  cura personalizzati.  I dati Istat dicono che il 24,2% delle persone  disabili effettua almeno un esame diagnostico contro l´11,3% dei non  disabili, e che il 46% delle persone disabili ha fatto una visita  specialistica a fronte del 23% dei non disabili.  Per questo l´assenza di  percorsi di cura specifici penalizza enormemente le persone disabili  (in Italia sono il 4,8% della popolazione, 2 milioni e 600 mila), con  gravi conseguenze sulla loro salute.  Fra le indicazioni della Carta la  necessità che le persone con disabilità abbiano accesso a tutti i  servizi di medicina di base ed ai controlli normalmente effettuati per  la popolazione in generale.  In particolare la medicina di base, in  collegamento con la rete territoriale dei servizi alla salute, deve  farsi carico delle necessità non strettamente specialistiche.  Anche le  persone con disabilità devono avere l´opportunità di accesso ai  programmi di screening di varie patologie previsti per gli altri  pazienti di pari età e sesso.
 Il paziente disabile - si dice fra l´altro - ha il diritto di ricevere  informazioni e aggiornamenti continui, accurati e comprensibili sulla  sua situazione ove necessario attraverso il ricorso a modalità di  comunicazione aumentativi o alternativi, di poter accedere alla cartella  clinica in ogni momento, di poter porre delle domande e ricevere  risposte chiare e precise.  
 Lì dove la disabilità del paziente non permette di interagire con il  personale sanitario nemmeno attraverso modalità di comunicazione  appropriate, sarà il tutore della persona a dover essere informato e ad  avere l´accesso ad ogni informazione utile o richiesta.  In particolare  per quelle tipologie di disabilità progressive nel tempo, andrebbe  discusso anticipatamente tra paziente e medico un piano di cure  (advanced care planning) che già preveda per ogni stadio della malattia  le procedure diagnostico-terapeutiche condivise da mettere in atto.  Il  medico dovrà scegliere un luogo adatto per trattare tali argomenti,  accertandosi che le persone presenti siano quelle strettamente  necessarie.  Ad un paziente con paraplegia, in sedia a rotella, le  comunicazioni non andranno effettuate nel corridoio, o in un ambiente  pubblico.  Il medico dovrà trovare uno spazio adatto, dove poter stare  seduto di fronte al paziente.
 La disabilità - si sottolinea - non deve essere considerata come limite  per la fruizione di tale diritto: un paziente con qualsiasi disabilità,  di qualsiasi sesso, etnia o religione ha il diritto di accedere a  trattamenti e servizi di alta qualità.  Il medico o la struttura non può  giudicare un paziente meno degno di un altro.  Soprattutto per le persone  con disabilità multipla o disabilità intellettiva medio grave, quando  necessitano di procedure diagnostico-terapeutiche ad alto contenuto  tecnologico, scarse o costose, vi è la tendenza a non ritenerle idonee  non sulla base di un giudizio clinico sulla proporzionalità  dell´intervento, ma di un pregiudizio culturale: utilizzarla per una  persona con disabilità potrebbe voler dire negarla ad un malato non  disabile.  
 Il personale sanitario - è un altro passo molto significativo - non deve  mai ritenere che questi pazienti non siano in grado di provare dolore.   Spesso non riescono a comunicare la presenza di una sintomatologia  dolorosa e ci si trova quindi in assenza di manifestazioni esplicite.   Vanno presi comunque tutti quei provvedimenti che possono prevenire,  eliminare, attenuare il dolore connesso sia a procedure diagnostiche o  terapeutiche, sia ad una patologia in atto.  Deve essere, poi, posta  particolare attenzione alla compatibilità con cure pre-esistenti.
 Bisogna inoltre ricordare che oltre al dolore fisico può essere presente  un disagio psicologico legato all´ambiente non familiare, alla  manipolazione da parte di altre persone.  Tale malessere può manifestarsi  con modalità molto diverse.
 Ogni individuo - questo il passaggio focale - ha il diritto a programmi  diagnostici o terapeutici quanto più possibile adatti alle sue personali  esigenze.  I servizi sanitari devono garantire, a questo fine, programmi  flessibili, orientati quanto più possibile agli individui, assicurando  che i criteri di sostenibilità economica non prevalgano sul diritto alle  cure.  
 A questo fine - sostiene la Carta - diventa fondamentale la formazione  del personale sanitario.  L´abbattimento di barriere culturali, spesso  legate semplicemente alla scarsa conoscenza di questa realtà da parte di  medici e infermieri, è, infatti, un altro degli obiettivi primari del  progetto.  
 A questo scopo è prevista l´istituzione di corsi di formazione, master,  convegni, in collaborazione con strutture universitarie e ordini  professionali.  L´istituzione all´interno delle strutture ospedaliere di  percorsi assistenziali dedicati alle persone con disabilità deve  avvalersi - si fa presente - anche delle positive esperienze già  presenti nel territorio nazionale.  La nuova Carta si suddivide in 14  articoli, dedicati all´accesso in ospedale, agli standard delle cure,  alla sicurezza e ai diritti come utenti dei servizi, ai maggiori bisogni  di mediazione, empatia e privacy delle persone con disabilità.  
 Non esistono - questo il concetto di base - diritti speciali per le  persone con disabilità, ma le loro limitazioni hanno bisogno di  strumenti e percorsi adeguati per essere rimosse.  Insomma, la disabilità  non deve essere considerata come limite: un paziente con qualsiasi  disabilità, di qualsiasi sesso, etnia o religione ha il diritto di  accedere a trattamenti e servizi di alta qualità.  Il medico o la  struttura non può giudicare un paziente meno degno di un altro.  
Il Giornale di Vicenza del 30-11-2013