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14.03.2013
CERPA
Nobel Architettura al femminile: candidata anche Luisa Fontana

Ha vinto Carla Juaçaba, 37 anni, architetto brasiliano formatasi presso la Santa Ursula University di Rio de Janeiro. Ma al Nobel per l'architettura al femminile, ArcVision Prize - Women and Architecture, ha partecipato ed era candidata anche Luisa Fontana (clicca qui per vedere il suo sito), socia del CERPA Italia Onlus.

Carla Juaçaba, 37 Jahre alt, Architektin aus Brasilien, die Ihr Studium an der Universität Santa Ursula von Rio de Janeiro absolviert, hat den Nobelpreis „ArcVision Prize-Women and Architecture“ gewonnen. Es handelt sich dabei um die Erstausgabe des Wettbewerbes im Bereich Frauenarchitektur & Soziales. Auch Luisa Fontana, Mitglied von CERPA Italia Onlus hat daran teilgenommen. Ihre Webseite kann unter folgendem Link eingesehen werden.



Ecco un articolo di Giuliana Zoppis (pubblicato su D Repubblica - cliccando qui è possibile accedere all'articolo) che racconta di cosa si tratta.

Sull'autostrada A4, alle porte di Bergamo, non si può non notare il lungo edificio chiamato il Kilometro Rosso, ideato dall'architetto Jean Nouvel per Italcementi. Qui sarà scelta e premiata la progettista che oggi si è distinta per qualità e ricerca nel campo dell'educazione, della sanità e dei servizi di utilità pubblica. Con lei, tre menzioni speciali. Venti le nomination, da 15 Paesi del mondo. È il nuovo "ArcVision Prize - Women and Architecture", premio internazionale d'architettura al femminile promosso da Italcementi Group, che ogni anno metterà in luce una donna eccellente nell'arte di progettare. Stefano Casciani, responsabile scientifico dell'iniziativa, spiega: "Abbiamo voluto individuare la personalità e le opere che meglio esprimono i valori dell'architettura oggi: identità, solidarietà, sostegno alle persone svantaggiate, sostenibilità ambientale e politica".

A guidare la Giuria di sei importanti donne architetto c'è la direttrice del Pritzker Prize, il Nobel dell'architettura Martha Thorne, con la quale parliamo del significato del premio. Le venti progettiste candidate sono tutte all'avanguardia per visione e ricerca, impegnate professionalmente in ambiti diversi: edilizia residenziale, insediamenti pubblici, urbanistica, interior e fashion design. Abituate a lavorare spesso in contesti sociali difficili e in condizioni complesse come Belinda Huang, che firma sette nuovi grattacieli con terrazze giardino a Singapore, o la tailandese Rachaporn Choochuey, che riqualifica grandi magazzini dismessi.

Impegnate sul fronte ambientale come l'olandese-americana Winka Dubbeldam (edifici a basso impatto), sociale come la brasiliana Nanda Eskes (eventi mondiali a sostegno dei senzatetto) o più quotidianamente nei servizi per la collettività come l'italo-svizzera Luisa Fontana (scuole materne modello) o l'italiana Elisabetta Terragni, gallerie sotterranee trasformate in musei. Grazie ad arcVision si scoprono anche progetti di rigenerazione urbana (le spagnole Izaskun Chinchilla e Blanca Lleò) e figure interessanti come l'indiana Anupama Kundoo, autrice del Padiglione per Common Ground all'ultima Biennale di Venezia. Da conoscere e apprezzare tutte le altre: Frida Escobedo (Messico), Lis Mijnssen-Paola Maranta-Gabi Faeh (Svizzera), Sirii Vallner (Estonia), Gunilla Svensson (Svezia), Giulia Andi (Germania), Natalia Paszkowska e Marta Mnich (Polonia), Shahira H. Famy e Mona Zakaria (Egitto), Yuko Nagayama (Giappone), Carla Juacaba (Brasile).

Una marea di nomi e di storie, Martha Thorne. Ma com'è che, nonostante da vent'anni, in Italia e altrove, ci siano più donne che uomini tra gli iscritti alle facoltà di architettura, spesso di parla più di archistar al maschile? E che del resto solo nel 2004 una donna architetto, l'anglo-irachena Zaha Hadid, abbia avuto il Prizker Prize dopo 26 anni di vittorie maschili? "Credo dipenda dal fatto che gli uomini, più delle donne, intraprendono lunghe, orientate e produttive carriere. E che più delle colleghe donne, dirigono i grandi studi di progettazione. Per fortuna, però, la situazione sta cambiando".

Vuol dire che molte architette di talento hanno lavorato per anni nell'anonimato dei grandi studi? "Da più di un secolo le donne hanno la possibilità di studiare architettura e dovrebbero essere in grado di partecipare a tutti gli aspetti della professione, dal progetto preliminare all'esecutivo, e a tutte le fasi della costruzione dell'edificio. Sfortunatamente in alcune aree del mondo non è cosi. Sono stati fatti grandi passi per quanto riguarda il numero di donne nella professione, espandendo la definizione delle tipologie di lavoro che svolgono, e il riconoscimento del loro talento. Progettiste talentuose e riconosciute come la Hadid o la Sejima sono solo la punta dell'iceberg. Possiamo guardare indietro nel passato e vedere esempi di donne molto importanti per l'architettura e per l'industrial design, come Eileen Grey, Lilly Reich, Lina Bo Bardi, Ada Louise Huxtable, Gae Aulenti.

I nomi delle donne spesso non sono conosciuti, a dispetto del loro contributo. Oggi ci sono molte donne che stanno avendo un grande impatto sull'ambiente costruito, sulla professione, sull'insegnamento, e in molti altri modi. Mi vengono in mente Denise Scott Brown, Liz Diller, Billie Tsien, Odile Decq, Benedetta Tagliabue, Eva Jiricna, Amanda Levete, e molte, molte altre. Sono fiduciosa che grazie al nuovo premio saremo in grado di sottolineare importanti lavori eseguiti da architetti donna in tutto il mondo".

Come si sono "evolute" le nuove progettiste? "Nel passato recente la loro posizione è diventata più visibile e in qualche modo più accettata. Le ragioni sono da ricercare in fattori come il miglioramento generale delle opportunità per le donne in molti campi, e il cambiamento della natura della pratica in architettura, che si sta evolvendo da un modello basato sull'individuo a un modello basato sulla collaborazione e sul lavoro di squadra. Questo cambiamento ha portato il beneficio di includere più tipologie di professionisti a pari livello. Inoltre la disciplina degli studi di genere, introdotta nei primi anni 70 nelle scuole di architettura, costituisce oggi un campo di ricerca accettato, e ha fatto molti progressi".

Possiamo supporre che esista una differenza tra visioni maschili e femminili dell'architettura? Uno sguardo particolare, diciamo femminile, nell'affrontare i progetti? "Personalmente non credo che ci sia un'intuizione femminile, o un particolare punto di vista che porta a una soluzione progettuale diversa rispetto a una maschile. Penso che ci potrebbero essere approcci diversi tra uomini e donne in base al loro contesto di formazione, esperienze di vita, ricerche, e anche alla struttura delle relazioni professionali nello studio. Noi tutti portiamo la nostra visione del mondo nelle nostre professioni. La sfida e l'opportunità stanno nel vedere queste differenze come contributi positivi alla disciplina, e nel considerare molteplici punti di vista prima che una soluzione progettuale venga accettata".

Rispetto alle grandi trasformazioni delle nostre città, quali prospettive giungono dalle capacità e dalle esperienze delle progettiste? "Senza dubbio i cambiamenti che stiamo osservando in ambito sociale sono causati da molti fattori, dalle variazioni demografiche, fino alle innovazioni tecnologiche, alla globalizzazione, e altri motivi di progresso. Credo che direttamente e indirettamente la piena partecipazione delle donne significhi che sono rappresentati punti di vista molteplici. Io non vorrei chiamarlo punto di vista femminile, ma generali aperture nella nostra interpretazione dello spazio, delle città, dell'ambiente costruito".

Le donne sono state protagoniste di attivismo e responsabilità ambientale. Ritiene che abbiano una consapevolezza maggiore, rispetto ai colleghi maschi? "Credo sarebbe un passo indietro cercare di raggruppare tutte le donne in una categoria. Quello che la professione di architetto richiede oggi sono dei metodi innovativi e freschi per interpretare le sfide contemporanee - nuovi modi per rispondere alle esigenze sociali, ai problemi ambientali, ai problemi di progettazione, alle tecnologie".  





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