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15.07.2016
UMBRIA
Disabilità e carcere: garantire salute e autonomia

Secondo l'ultimo monitoraggio, negli istituti penitenziari sono recluse 628 persone con disabilità, pari a circa l’1% della popolazione detenuta. Sono alcuni dei numeri contenuti nella lettera circolare del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, ripresa dal Centro per l’autonomia umbro in un approfondimento dedicato ai diritti delle persone disabili in carcere.

La circolare, che riprende il concetto di disabilità introdotto dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone disabili e l’approccio basato sulla Classificazione internazionale del funzionamento, della disabilità e della salute (Icf) dell’Organizzazione mondiale della sanità, fornisce i dati di un monitoraggio realizzato nell'agosto del 2015 dalla Direzione generale dei detenuti e del trattamento.

Un anno fa, i disabili detenuti erano 528 italiani (26 donne e 502 uomini) e 100 straniere (8 donne e 92 uomini): 191 (18 donne e 173 uomini) hanno difficoltà nelle funzioni della vita quotidiana (lavarsi, vestirsi, spogliarsi, mangiare, eccetera), 153 (5 donne e 148 uomini) hanno difficoltà limitate nella mobilità (di un arto, per esempio), 232 (11 donne e 221 uomini) hanno limitazioni nella locomozione e 52 (una sola donna) hanno difficoltà sensoriali (comunicazione, vista e udito).

La Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (Cedu) obbliga gli Stati membri a garantire che, nel corso della reclusione, ogni persona sia detenuta in condizioni compatibili con il rispetto della dignità umana. A questo principio si aggiungono l’articolo 32 della Costituzione (“La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo”) e la legge 354 del 26 luglio 1975 sulla riforma della giustizia penitenziaria.

L’ordinamento italiano prevede che possa essere richiesta, accertata e riconosciuta, con specifici procedimenti, l'incompatibilità della carcerazione con gravi motivi di salute che richiedono assistenza continua da parte dei servizi sanitari del territorio. In tali casi deriva la concessione, su ordinanza del giudice, della detenzione domiciliare o di altre misure detentive. Si tratta, specificano dal Cpa umbro, di “casi estremi e connessi a situazioni di salute e non di disabilità nel suo significato più corretto”.

Per questo motivo, poiché la condizione di disabilità non è di per sé incompatibile con la detenzione, è importante che anche le strutture penitenziarie garantiscano l'effettiva accessibilità, non solo rispetto alla presenza di celle attrezzate e alla più complessiva accessibilità di tutti gli ambienti di cui possono fruire le persone con disabilità detenute, ma anche in relazione alle generali condizioni di vita, per quanto concerne la detenzione e la possibilità di fruire, al pari delle altre persone recluse, di pene alternative.

Già nel 1999, queste esigenze furono rilevate dall'Amministrazione penitenziaria, che indicò l'intento di individuare, all'interno degli istituti penitenziari, celle e ausili adeguati al soggiorno di persone “con deficit motorio permanente”. In conformità quindi con la normativa nazionale e internazionale, la lettera circolare del marzo scorso individua gli interventi specifici per garantire la massima autonomia possibile della persona con disabilità e favorirne l'accesso ai servizi socio-sanitari.

In particolare, la circolare affronta questioni relative: all’accessibilità delle strutture e gli “accomodamenti ragionevoli” appropriati; alla presa in carico della persona con disabilità detenuta e il programma di trattamento rieducativo individualizzato; all'assistenza sanitaria; alla formazione di altre persone detenute al lavoro di "assistenti", sul modello di quello che viene effettuato in generale per i familiari di una persona con disabilità; alla raccolta dei dati e il monitoraggio.

Photo Credit: William Warby




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