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07.02.2018
ITALIA
Città a misura di persona: Matteo Dondé per Mobilità Dolce

Città a misura di bambino, inclusività, strade come spazi di socialità e non più solo come assi di scorrimento per il traffico, perché “progettare città per le auto porta ad avere più auto”. Riprendiamo l’intervista su spazi urbani e mobilità sostenibile che il portale della Cooperazione della mobilità dolce ha fatto a Matteo Dondé, architetto socio di Cerpa Italia onlus, in vista del “Mese della mobilità dolce”, in programma dal 4 marzo. Buona lettura!

Architetto Dondé, si rinnova l’11a edizione del “Mese della mobilità dolce” ideata da Co.Mo.Do. per la primavera del 2018 dal 4 marzo fino a maggio inoltrato. Si comincia con un Convegno il 20 febbraio a Roma alla Camera dei Deputati, organizzato annualmente da Co.Mo.Do. Vi sarà un focus sul “turismo accessibile” e in particolare verranno toccati gli argomenti di come siano necessarie sempre più politiche per avere strade per la gente e per i turisti e pochissime per le auto. Il punto di vista di un architetto che disegna spazi di qualità?
“L’automobile ha portato con sé gravi conseguenze per la vita urbana ed è diventata una seria causa per i problemi ambientali, sociali ed estetici che caratterizzano le nostre città. Le troppe auto in circolazione (65 ogni 100 abitanti, record europeo, rispetto alle 25 ogni 100 abitanti di città come Parigi o Amsterdam), hanno invaso completamente le strade, rendendole brutte, pericolose (3.283 morti e quasi 250mila feriti nel solo 2016), inquinate e spesso inaccessibili all’utenza attiva. Un modello di mobilità inefficiente che genera un costo sociale pari a circa 30 miliardi di euro per l’incidentalità e 15 miliardi per l’inquinamento da traffico, equivalenti a circa il 3% del PIL italiano. Per tale motivo sempre più professionisti, amministratori, associazioni e movimenti nel mondo si interrogano su quale debba essere il ruolo della strada nelle città di domani, il luogo che costituisce l’80% dello spazio aperto accessibile, il luogo delle attività e delle relazioni sociali. E la risposta è sempre la stessa: diamo strada alle persone! Pensare alla strada non solo come asse di scorrimento del traffico veicolare quanto come spazio di relazione tra una pluralità di utenti e di funzioni consente di (ri)progettare lo spazio pubblico mettendo al centro le persone, la qualità urbana, la vivibilità, l’accessibilità. ‘If you plan cities for cars and traffic, you get cars and traffic. If you plan for people and places, you get people and places’ (Fred Kant)”.

Come sta cambiando il modello di mobilità urbana in Italia e se sta cambiando? “Per ridurre l’incidentalità urbana, per disincentivare l’uso dell’auto privata, per dare strada alle persone e rendere realmente inclusiva la città, uno dei principali strumenti è quello della moderazione del traffico e della realizzazione diffusa di zone 30. Ridurre la velocità dei veicoli a motore, oltre ad aumentare la sicurezza di tutti gli utenti della strada, automobilisti compresi, consente di aumentare lo spazio a disposizione delle persone, di migliorare la qualità dello spazio urbano, di eliminare le barriere architettoniche. Le zone 30 esistono ormai in tutte le principali città europee, eppure in Italia sono ancora pochissime e spesso realizzate con l’apposizione della sola segnaletica verticale di limite di velocità. Nonostante i 50 anni di vita della moderazione del traffico e le centinaia di esperienze che ne dimostrano i benefici, tale cultura è purtroppo ancora scarsamente recepita dai tecnici ed amministratori italiani, anche a causa della quasi totale assenza di formazione in questo campo”.

I PUMS “spiegati bene” dall’architetto Dondè. A cosa servono?
I Piani della Mobilità Sostenibile sono stati istituiti ‘al fine di soddisfare i fabbisogni di mobilità della popolazione, assicurare l’abbattimento dei livelli di inquinamento atmosferico ed acustico, la riduzione dei consumi energetici, l’aumento dei livelli di sicurezza del trasporto e della circolazione stradale, la minimizzazione dell’uso individuale dell’automobile privata e la moderazione del traffico, l’incremento della capacità di trasporto, l’aumento della percentuale di cittadini trasportati dai sistemi collettivi anche con soluzioni di car pooling e car sharing e la riduzione dei fenomeni di congestione nelle aree urbane’. Sono quindi strumenti fondamentali per il cambio di mobilità urbano auspicato, ma dovranno essere seguite alla lettera le parole d’ordine dettate dalle linee guida europee: il focus non dovrà più essere il traffico veicolare bensì le persone, i cittadini, le attività e l’obiettivo principale non dovrà più essere la fluidità del traffico, bensì l’accessibilità, la vivibilità e la qualità dello spazio pubblico. Se queste parole rimarranno vuote, avremo perso un’altra grande occasione di cambiamento”.

È utopia ragionevole sperare che vi saranno città a “misura di bambino”. Quando?
“Potrà essere ragionevole solo quando affronteremo seriamente la questione della sicurezza stradale, solo quando anche in Italia avremo zone 30 diffuse, moderazione del traffico e shared space. Altrimenti continueremo tragicamente a contare i bambini morti sulle strade italiane (60 bambini solo nel 2016!)”.

Quali sono le esperienze a confronto fra l’Italia e le altre capitali europee in materia di car free?
“In Italia si stanno finalmente realizzando interessanti quartieri car-free, ma senza la visione di città senz’auto che stanno dimostrando molte città europee. La città di Amburgo (1,8 milioni di ab.) ha recentemente approvato un PUMS che prevede di “rendere inutile” l’uso dell’automobile entro 20 anni; la città di Helsinki (650mila ab.) prevede lo stop alle auto in circolazione entro 10 anni, con bus e metro collettivi; il centro di Oslo (670mila ab.) sarà senz’auto entro il 2019; città come Parigi (2,3 milioni di ab.) e Grenoble (160mila ab.) avranno il limite di velocità a 30Km/h in tutte le strade urbane ad eccezione della viabilità principale; il nuovo PUMS di Barcellona (1,6 milioni di ab.) prevede di liberare quasi il 60% delle vie attualmente utilizzate dalle auto per trasformarle in “spazi per i cittadini”, per ‘riempire la nostra città con la vita’”.

Per rendere un luogo turistico attraente anche per le persone a mobilità ridotta che hanno diritto di fare turismo, che politiche si devono attuare?
“Le politiche raccontate nei punti precedenti. Uno spazio pubblico sicuro, accogliente, bello, accessibile e inclusivo è attraente per tutti”.

Le parole del 2018 che vorremmo sentire: shared space, vivibilità, inclusività di tutti, strade per la gente. A chi tocca fare la propria parte? “Alle università attraverso la formazione, ai tecnici e professionisti attraverso lo studio delle esperienze europee e mondiali di successo, agli amministratori dotandosi di gente capace e formata, alla politica attraverso le tanto auspicate modifiche al Codice della Strada”.

Fonte: Mobilità Dolce


Tags: mobilità urbana |  mobilità dolce |  matteo dondé |  città |  spazi urbani |  inclusività | 



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